Il capretto devoto

 

Era in uso in paese, almeno fino alla seconda guerra mondiale, benedire gli animali domestici. L’occasione canonica sarebbe dovuta essere la festa di sant’Antonio Abate, il 17 gennaio, e in questa data mi piace ricordarla, anche se i frati minori, sostituendo alla devozione per l’antico eremita quella per sant’Antonio di Padova, francescano come loro, la benedizione la impartivano il 13 giugno.

Sul sagrato del convento era tutto un tripudiare di capre e pecore, qualche maialino, asini, muli, cavalli… I contadini cercavano di tener quiete le bestie legandole con le corde agli anelli metallici infissi nel muro, o carezzandole con le mazze di "ranello", le cosiddette "sagliocche", che ammansivano anche le più irrequiete.

La cerimonia prevedeva che, durante la celebrazione della messa cantata, officiata da tutti i frati, il padre guardiano si affacciava sul sagrato e benediva tutta quella massa di povere bestie che con belati, ragli, nitriti, muggiti, scampanio dei campanacci al collo, unitamente ai latrati dei cani di guardia, creavano un’atmosfera assordante e caotica.

Mio nonno mi raccontava che da giovane fu testimone di un episodio singolare. Un ragazzo molto povero, approfittando della gran confusione, si era impossessato di un capretto che aveva nascosto nel confessionale. Per la fretta non era riuscito a imbavagliarlo opportunamente, sicché, dopo un po’ i belati disperati che provenivano dal confessionale richiamarono l’attenzione dei fedeli. Com’era giusto, dell’accaduto si rise e qualcuno coniò un nuovo detto: "U peccate du mariule l’ha cunfessate u crapitte!" (Il peccato del ladro l’ha confessato il capretto).

(il figlio del fornaio)

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11 commenti su “Il capretto devoto

  1. PortamiVia il said:

    Sempre attento alle ricorrenze!

    Un saluto da me!

    Son tornata, connessione permettendo!

    A presto, Anna 🙂

  2. lella1 il said:

    Che simpatico racconto!

    Inserisco una foto che ho preso da ToroWeb e che ho inserito nelmio blog, nel gennaio del 2004.

    E’ proprio la benedizione degli animali a Toro, davanti al convento. Risale a molti, molti anni fa.

    Ciao a tutti.

    Lella

  3. anonimo il said:

    A Campobasso, la tradizione della benedizione degli animali è fedele a Sant ’Antonio Abate, al quale i contadini si raccomandavano per il loro bestiame,rispettando la festa dedicata al santo del fuoco purificatore.

    Il gran falò che arde, davanti alla chiesa a lui dedicata, è tradizione antica per i campobassani, attraverso tale rito di propiziazione, di origine pagana, si raccomandava la sua protezione anche per la terra, dopo l’inverno, affinchè si avessero buoni raccolti in seguito.

    Nella festivita del Corpus Domini, il carro di S. Antonio Abate vede l’eremita tentato dalla “dunzella” che simboleggia il diavolo tentatore. L’eremita durante la sua vita subì, nel deserto egizianio, molte tentazioni. Le vinse sempre con la preghiera e il digiuno.

    Grazie Lella per la bella foto.

  4. anonimo il said:

    Non si perdeva (non si perde tuttora)occasione, a Toro, di coniare nuovi detti, a seguito di fatti divertenti come quello descritto, con solita abilità, dall’autore.

  5. Algonuevo il said:

    Bello il proverbio, e bello soprattutto sapere come è nato. Dell’accaduto si rise ed è giusto, ma poi, gliel’hanno lasciato il capretto spero

    Come sempre, bene a te!

    Algonuevo

  6. Gliorti il said:

    e la caglina ciòppa?

    non era ammessa sul sagrato?

    “la caglina ciòppa

    quanta penne pòrta?

    ne pòrta uintequatte

    una, dù, trè i quatte!”

    dal ministero delle pari opportunità…

  7. anonimo il said:

    Veramente bello il racconto! Vorrei solo aggiungere, a quanto già detto sulla “benedizione degli animali” a Toro, che subito dopo la suddetta cerimonia, si procedeva anche alla mungitura di pecore, capre e mucche, che rimanevano sul sacrato del convento. Con il latte ricavato (litri e litri), si preparava immediatamente il formaggio; operazione, questa, che si svolgeva nel chiostro del convento. Due i responsabili, con impegno e devozione, dell’intera operazione: Evangelista Gennaro, cuoco rinomato e Pietrantuono Nicola, detto “Fasciano”. Naturalmente, il formaggio prodotto, veniva donato interamente al convento.

    Questa è una notizia che ho appreso da chi ha vissuto allora, in prima persona, quegli avvenimenti.

    Cari saluti

    Incanto lirico

  8. Paesanino il said:

    Buongiorno e grazie a tutti.

    In particolare grazie a:

    Lella1 [#3], per la sua foto;

    L’anonimo [#4], per le notizie su Sant’Antonio Abate a Campobasso;

    Incanto lirico [#9]per le notizie sulla munta e sulla cagliata per i monaci.

    E’ così che intendevo si siviluppasse il blog, in una sorta di memoria poetica del luogo ravvivata collettivamente.

    A Gliorti [#8] invece dico che la caglina cioppa ha ispirato a Toro una filastrocca ai danni di un paesano, ma essendo ad personam non posso riferire.

    Grazie ancora e buona giornata a tutti

  9. anonimo il said:

    Ringrazio vivamente il Paesanino che “ospita” cortesemente i miei racconti, e a tutti gli amici che con i loro commenti e foto integrano e arrichiscono l’argomento trattato.

    (il figlio del fornaio)

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